It's all coming back to me

Kensington - dimora di Kingsley Leach

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    Mabel Underwood - Molowny - Esploratori - 26

    La prima dell'ultimo spettacolo era stata un successo.
    Il teatro era stato riempito del tutto e quando calò il sipario non si sentirono altro che applausi e grida di approvazione.
    Mabel era stata la protagonista, la fulgida stella sul palco che aveva incantato la platea e oscurato i colleghi.
    Non era una novità, ormai era abituata a ricevere complimenti e critiche positive da chiunque ma questo non voleva dire che ogni volta le facesse piacere.
    L'attrice era tornata a risplendere dopo il lutto che l'aveva colpita. Per tutti, perdere il marito in quel modo, sarebbe stato un duro colpo e lei aveva dovuto in parte fingere di essere devastata dalla perdita.
    Nessuno sapeva che aveva assistito a quell'incidente. Sia lei che Kingsley avevano mentito ai Vigilantes incaricati del caso. Se così non avessero fatto King non sarebbe uscito così facilmente di prigione.
    La sua tristezza, in ogni caso, risiedeva proprio lì, nel sapere che l'uomo che amava era stato privato della sua libertà. Per di più era rimasta sconvolta da ciò che aveva visto, dalla furia di Kingsley.
    Aveva avuto paura. Per la prima volta aveva avuto paura di lui. Sapeva che non le avrebbe mai fatto male, lo sapeva persino in quel momento, quando vide la testa fracassata di Paul, il sangue vermiglio scorrere lento sul marmo bianco.
    Orrore. Forse era quello che aveva provato più che paura e aveva deciso di allontanarsi dal suo re, anche per non destare sospetti, ma quello non glielo aveva mai detto.
    Mabel si era persino sentita in colpa per non essere andata a trovarlo ma aveva avuto paura dei suoi stessi sentimenti. Vederlo dietro le sbarre le avrebbe fatto male. Vederlo ancora, subito dopo l'orrore avrebbe potuto cancellare ciò che provava per lui.
    Quando le era giunta la notizia che Kingsley era libero, notizia datale da suo fratello Blake, si era sentita sollevata e più che mai aveva sentito la sua mancanza.
    Tuttavia era lì che era tornata a risplendere davvero, a dispensare sorrisi e a calcare il palcoscenico con la sua solita eleganza e con la sua forza.
    Stava rimettendo insieme i pezzi della sua vita. Mancava il più importante, certo e non sapeva se quello sarebbe riuscita a recuperarlo.
    Jackson non le dava lo stesso effetto, non la faceva fremere come lui, non le strappava le stesse emozioni.
    In realtà non era nemmeno convinta che Jackson fosse innamorato di lei. Era un uomo freddo e impassibile, solo sul sesso avevano la stessa lunghezza d'onda ma anche quello non era nemmeno lontanamente paragonabile a ciò che lei aveva vissuto con King.

    Dopo la prima c'era stato un breve gala. Anche lì Mabel splendeva, fasciata in quel magnifico abito rosso creato appositamente per lei.
    Brindisi e complimenti, sorrisi e altri applausi. Jackson però l'aveva monopolizzata per quasi tutta la sera come se volesse far capire che era di sua proprietà.
    Niente di più sbagliato, Mabel non si sentiva proprietà di nessuno, specialmente non di uno che non aveva mai conquistato il suo cuore.
    A differenza di Paul, però, l'uomo non era mai stato tradito dalla ragazza per il semplice fatto che la stessa non avrebbe potuto reggere un'altra scena come quella di un anno prima.
    Jackson, infine, la portò nella propria dimora. Un altro brindisi, l'ennesimo della serata e lui si inginocchiò al suo cospetto con un anello in mano -Vuoi farmi l'onore di diventare mia moglie?-.
    Mabel si portò una mano al petto, sorpresa ma non lusingata. Non aveva mai pensato che Jackson volesse sposarla e lei, di certo, non voleva diventare sua moglie.
    Era ricco e a suo modo affascinante ma ciò che aveva passato l'aveva in parte cambiata. Non si sarebbe più sposata per interesse e poi...Poi c'era ancora lui, il suo King. Era sempre stato presente nonostante tutto, lo era nei suoi pensieri.
    Non lo aveva dimenticato e ancora lo desiderava, ancora sognava il suo respiro sulla propria pelle. Mabel deglutì a vuoto e indietreggiò appena sotto lo sguardo confuso di Jackson. Esibì un sorriso incerto e sospirò -È passato appena un anno da quando mio marito è deceduto. Non credo di essere pronta, ho bisogno di pensarci- mentì. Non era quello il motivo per cui voleva avere del tempo per riflettere su quella proposta.
    Senza aggiungere altro abbandonò la dimora dei Leery ma non si diresse alla propria.
    Pensierosa camminò per le strade di Londra fino a trovarsi a Kensington. Sorrise appena tra sé e senza pensarci ulteriormente si recò a casa di Kingsley Leach.
    Fu Ambrose ad aprire la porta. L'uomo le sorrise non appena lei disse che cercava il padrone di casa -Il signor Leach al momento non è in casa, ma non dovrebbe tardare. Vuole accomodarsi?-. Mabel annuì e Ambrose l'accompagnò con garbo fino al salotto dove le prese il soprabito e si congedò da lei con un inchino.
    Era da un anno che non metteva piede in quella casa. Era da un anno che non vedeva l'unico uomo per cui avesse mai provato qualcosa.

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    Kingsley saltò giù dalla carrozza, infrangendo lo sporco specchio di una pozzanghera e con un gesto secco chiuse lo sportello della vettura. Sospirò profondamente e si infilò le mani in tasca, guardandosi attorno con un sorriso degno di una faccia da schiaffi come la sua. Non si divertiva particolarmente agli eventi di alta società, erano sempre così noiosi. Kingsley si trovava bene in mezzo a molte persone, non era certo quello il problema, solo che a lui piacevano le sarete più movimentate con qualcosa di più forte da bere del semplice vino.
    Si grattò la barba sale e pepe, poi si avviò sui gradini della grande magione degli Heartenthon insieme ad altri ospiti. Percorse in fretta la scala che lo separava dal portone di entrata e suonò il campanello. Fu il maggiordomo ad aprirgli, gli diede il benvenuto e non gli chiese di mostrargli l'invito, riconoscendo ovviamente Kingsley Leach. Come non farlo? Sicuramente si era parlato tanto di lui nell'ultimo anno, del resto aveva ucciso una persona e aveva pagato per le sue azioni, in carcere per la precisione. Kinglsey non si sarebbe lasciato abbattere da questo, dalle malelingue che sicuramente l'avrebbero seguito per tutta la sera...Lui sapeva perché era successo, che cosa aveva provato e sapeva anche di essersi solo difeso. Non era innocente, non si considerava tale da molto tempo, ma nemmeno un pazzo omicida.
    Il servitore allungò le mani per prendere la sua giacca, ma Kinglsey scosse la testa e sistemò il colletto, -La tengo io! Fa parte dell'outfit- disse con la sua voce naturalmente tonante, rifilandogli poi un occhiolino dopo il quale il maggiordomo faticò a trattenere un sorriso. A quella reazione Kinglsey rise appena, scuotendo la testa e si addentrò nella sala gremita di aristocratici.
    Era una serata di beneficenza, per raccogliere fondi a favore del Foundling Hospital, un orfanotrofio relativamente recente, fondato nel 1739. Poco dopo il padrone di casa venne a dargli il benvenuto, Kingsley si voltò a guardarlo: somigliava molto a quella disgrazia di suo figlio Quincey. Si scambiarono i convenevoli, Leach baciò le nocche alla Signora Heartenthon scoccandole uno sguardo da sotto le ciglia e stendendo le labbra in un sorriso leggero. La vide arrossire e trattenne una risata divertita.
    Infine i due lo presentarono ad altri ospiti, dai quali però Kinglsey si separò presto. Non aveva intenzione di tardare, avrebbe lasciato la sua donazione e poi sarebbe tornato a casa, magari passando prima a trovare Jessie, suo figlio minore.
    Camminò davanti alle foto di alcuni orfani, quelli cresciuti e diventati importanti. La sua attenzione fu attirata da un giovane dallo sguardo tenero, i capelli rossi e le lentiggini. Somiglia molto a... E il pensiero lo bloccò. Non pensava a lei da settimane, quel nome nella sua testa lo costrinse a fare un profondo respiro. Lesse il nome sulla targhetta sotto la foto: Arièl Orion Harper. Aveva letto un suo libro e gli era piaciuto. Batté le palpebre e andò a depositare il suo assegno.
    Rimase lì ancora per un'altra ora, poi salutò gli Heartenthon e chiamò una carrozza. Si dimenticò totalmente di Jessie, preso ancora dal pensiero di Mabel e invece diede l'indirizzo della propria casa. Quando arrivò a destinazione era ormai tardi per andare a trovare Jessie. Si passò una mano tra i capelli e scese, pagando il cocchiere. Non ebbe bisogno di suonare il campanello, Ambrose lo stava già aspettando e gli aprì la porta subito dopo la dipartita della carrozza.
    -Signore, un ospite la sta aspettando in salotto-, Kingsley lo guardò perplesso. Un ospite? Tuttavia non replicò, tanto valeva andare a vedere chi fosse. Sperava nessuna visita d'affari, non ne aveva decisamente voglia.
    Arrivò silenzioso nel soggiorno e l'aria abbandonò totalmente i suoi polmoni. L'avrebbe riconosciuta anche con un mantello a coprirle il corpo...Dalla postura, dal semplice modo in cui respirava. Kinglsey non parlò subito, le fissò le spalle, l'abito rosso. Registrò ogni dettaglio, probabilmente cercando di capire se fosse un miraggio. Non la vedeva da un anno. Deglutì, -Mabel- disse. Il nome di lei abbandonò le labbra di lui quasi con un timore reverenziale. Certamente era sconvolto, non si era aspettato di rivederla ancora.
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    Mabel Underwood - Molowny - Esploratori - 26

    Non seppe dirsi quanto tempo fosse passato da che aveva varcato la soglia di quella casa. Era rimasta a gironzolare per il salotto a braccia conserte osservando ogni dettaglio della stanza.
    Non era cambiato niente.
    Per un solo istante fu quasi tentata di andarsene e fece per uscire dal salotto, ma si fermò sulla porta, artigliando lo stipite con le dita sottili e appoggiandosi ad esso, trattenendo un pianto, ancora una volta.
    Si era sforzata di non piangere quando lo aveva lasciata andare, si era sforzata di non piangere quando lo avevano arrestato e si era sforzata di non piangere quando le era giunta la notizia del suo rilascio. Quelle, però, sarebbero state lacrime dal sapore diverso.
    Mabel si ritrovò a dover regolarizzare il respiro -Non essere sciocca, è soltanto un uomo- si disse in un blando tentativo di calmarsi. Sapeva perfettamente che Kingsley Leach non era soltanto un uomo. Non lo chiamava "King" a caso, per lei quel nomignolo aveva un significato preciso su cui forse lo stesso Kingsley nemmeno si era mai soffermato a pensarci.
    Era davvero il suo re, lo era da quando aveva tredici anni e quando lui aveva iniziato a guardarla con altri occhi a lei era sembrato un sogno.
    Quel sentimento che già provava, poi, era cresciuto in maniera esponenziale insieme a lei, insieme a loro.
    Non era mai stata così felice come in quei cinque anni trascorsi accanto a lui sebbene sempre nell'ombra.
    A quel pensiero Mabel batté un pugno sullo stipite della porta in un gesto di rabbia maledicendo Emmett, maledicendo Blake, maledicendo se stessa per aver ceduto a quella proposta. Diventare sempre più ricca le era sembrato allettante e lo era stato per davvero, in fondo aveva quindici anni e Emmett l'aveva viziata in quasi tutti i modi possibili. Col senno di poi non avrebbe mai voluto sposare Paul, non se voleva dire perdere Kingsley.
    Era stata lei a lasciarlo andare ma cos'altro avrebbe potuto fare?
    L'istinto l'aveva portata a separarsi da lui e l'istinto l'aveva portata nuovamente in quella dimore, in cerca di conforto, in cerca di sicurezza.
    Non voleva sposare Jackson, non voleva ripetere lo stesso errore. Voleva però tornare sui suoi passi, riavere Kingsley. E lui avrebbe nuovamente voluto lei?
    Mabel prese un grosso respiro e si spostò al centro della stanza, dando le spalle alla porta, stringendosi tra le braccia.
    Assorta nei propri pensieri non sentì la porta d'ingresso e nemmeno il vociare di due persone nell'atrio, ma d'un tratto sentì il proprio nome venir pronunciato da una voce che mai avrebbe dimenticato.
    Si voltò verso di lui, tremante e un sorriso incerto si fermò sulle sue labbra rosso fuoco.
    Ebbe un tuffo al cuore nel vederlo, nel vedere ancora quello sguardo che l'aveva fatta innamorare -Hey, King- mormorò con voce sottile torturandosi le dita affusolate. Non era mai stata così nervosa in tutta la sua vita.

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    Kingsley Leach - Neutrale - Nessuna Gilda - 45
    Il tipico soprannome che Mabel usò per chiamarlo lo colpì dritto al cuore. Era un semplice nomignolo, era solita chiamarlo così anche quando era un'irrequieta ragazzina alle prime armi con la seduzione. L'aveva trovata molto divertente all'inizio, la sua Mabel, quella tredicenne che gli sbatteva le ciglia e si rivolgeva a lui con tono civettuolo...Lui, Kingsley, che all'epoca aveva già un figlio della stessa età e avrebbe potuto, dunque, essere suo padre. Non le aveva dato peso, anche se essere lusingato da lei in qualche modo gli era piaciuto, ma poi non aveva potuto fare altro se non guardarla...In quel teatro. La sua Mabel non aveva più tredici anni, era una donna, una donna dannatamente bella. Non l'aveva nemmeno riconosciuta all'inizio! Nonostante l'avesse avuta sotto agli occhi per un decennio intero prima di quel giorno.
    I suoi occhi erano gli stessi, la pioggia di lentiggini sul suo volto che continuava -King lo sapeva perfettamente- sulle spalle e la schiena, le fiamme dei suoi capelli. Si sentiva agitato, strano, un miscuglio di emozioni che gli fecero tremare leggermente le mani. Kinglsey era un tipo tranquillo, difficile da turbare, tuttavia Mabel era riuscita più di una volta nell'impresa.
    Il silenzio che gli avvolse per diverso tempo era innaturale, Amborse aveva lasciato subito il soggiorno e come uno spettro era sparito, probabilmente percependo quanto fosse privato e intimo quel momento. Ad onor del vero, ogni loro momento lo era, anche in mezzo ad una folla Kingsley e Mabel sapevano distinguersi ed estraniarsi. Tuttavia era passato un anno, un anno di completo silenzio. Lei non era mai andata in prigione a fargli visita...Forse l'aveva spaventata quando per difendersi aveva letteralmente spaccato la testa di Paul, o forse lo considerava un mostro. Se l'era chiesto spesso, chiuso nella sua cella insieme a qualche ratto e un compagno di cella piuttosto instabile.
    Fece qualche passo avanti, avvicinandosi a quella figura in rosso a lui tanto familiare. Era stupenda, forse di ritorno da qualche spettacolo o ricevimento e poi, all'improvviso, senza aprire bocca aumentò il passo verso di lei e l'avvolse tra le sue braccia. Affondò il naso tra i suoi capelli e la strinse: le era mancata troppo, troppo per lasciar affiorare qualcosa come il rancore in quel momento. Respirò profondamente, chiudendo gli occhi e stringendola, solo quello, non aveva bisogno di altro.
    Non sapeva perché Mabel era lì, se fosse da lui per un favore, se ci fossero problemi...Non gli importava in quell'istante. Stringendola in quel modo era quasi come se volesse accertarsi che non fosse un miraggio o una specie di visione data dalla mancanza che sentiva di lei.
    Si staccò appena il tanto che bastava per guardarla in viso, -Non usare quel nome se sei qui per altri motivi- sussurrò piano, deglutendo. Lei sapeva il significato di quel soprannome, probabilmente più di lui. Significava "ti amo", significava "voglio stare con te", era troppo intimo...Troppo personale e il solo sentirla pronunciarlo, avrebbe potuto illuderlo e non era sicuro se sarebbe mai stato capace di sopportare una cosa simile. Quindi se la ragione per cui Mabel si trovava in casa sua non concerneva la loro relazione, allora King era forse il nome più sbagliato che potesse usare.
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    Mabel Underwood - Molowny - Esploratori - 26

    Lui era lì, di fronte a lei, affascinante e bello esattamente come se lo ricordava, forse persino di più. Deglutì a vuoto impaurita dal fatto che lui potesse allontanarla, cacciarla via. Si sentì improvvisamente egoista perché non gli era stata accanto quando invece avrebbe dovuto e se Kingsley non avesse più voluto vederla, lei avrebbe capito.
    Il silenzio stagnò tra loro dilatandosi nel tempo. Ancora una volta Mabel fu tentata di scappare ma la presenza di lui la bloccava. Voleva vederlo, continuare a guardarlo, voleva sentire la sua voce, non voleva quel silenzio.
    Mabel fece un passo verso di lui fermandosi istantaneamente quando lo vide avanzare. Fu come se il tempo avesse rallentato, Mabel riuscì a sentire il proprio cuore battere impazzito in quell'innaturale silenzio.
    Attimo dopo attimo Kingsley avanzò verso di lei fino a stringerla tra le proprie braccia. Le erano mancati terribilmente i suoi abbracci.
    La giovane donna prese un grosso respiro gettandogli le braccia al collo e affondando il viso nel petto di lui, godendo di quel fiato che le solleticava dolcemente il collo.
    Era bello poterlo toccare di nuovo, Mabel si sentì tornare viva.
    Ebbe un sussulto quando lui si allontanò appena da lei e si rilassò solo quando incontrò il suo sguardo, i suo magnifici occhi scuri, screziati di verde come fossero due luminose pietre preziose rare, uniche.
    Deglutì a vuoto e gli accarezzò il viso soffermandosi con le dite sulle fossette che gli si formavano quando si apriva in uno dei suoi meravigliosi sorrisi. Scosse la testa e fu lei a sorridere, tremando di una forte emozione -You'll always be my King- sussurrò.
    In silenzio contemplò ancora quel viso continuando ad accarezzarlo, sfiorandolo appena coi polpastrelli, delicatamente come se avesse il terrore folle che lui potesse svanire sotto il suo tocco.
    Mabel si umettò le labbra e sorrise nuovamente sperando che anche lui lo facesse. Voleva vedere ancora quel sorriso, vivere di esso, abbandonarsi ad esso.
    Poi abbassò lo sguardo, chinando il viso e mormorando delle scuse appena udibili. Si separò da lui, indietreggiando di qualche passo per poi dargli nuovamente le spalle stringersi tra le braccia.
    Si prese qualche istante per riordinare i pensieri e per cercare di aggrapparsi alle emozioni che aveva provato nel rivederlo dopo un intero anno passato lontana da lui.
    -Mi hanno chiesta in sposa- parlò all'improvviso e una lacrima rigò il suo viso. Mabel si affrettò ad asciugarla -Non ho dato una risposta- continuò e con lentezza tornò a guardarlo -Io so esattamente che risposta dare, ma voglio comunque che tu me lo dica- scandì le parole con i suoi stessi passi mentre si avvicinava a lui -Devo dire di sì...o devo dire di no?- la sua voce si affievolì diventando flebile, sottile, quasi inudibile, ma non aveva importanza, erano talmente vicini che Kingsley l'avrebbe sentita lo stesso -Dimmi che vuoi ciò che anche io voglio- sussurrò al suo orecchio artigliando con le dita sottili la sua giacca, cercando un appiglio. Lui uno scoglio, lei la sua sirena.

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    Kingsley Leach - Neutrale - Nessuna Gilda - 45
    You'll always be my King, Kingsley inspirò lentamente dal naso a quelle parole, a quella conferma. Non ci aveva sperato molto, in quell'anno, non le aveva scritto né l'aveva cercata per chiederle una qualsiasi cosa al riguardo. Era sicuro di averla terrorizzata, di averla persa del tutto e si era convinto che prima o poi l'avrebbe dimenticata, però come quella stessa dichiarazione di Mabel diceva: lui sarebbe stato per sempre suo...Che lo volesse oppure no, non dipendeva affatto da Kingsley e quello era un fatto assodato. Il suo viso, prima contrito dall'ansia e la sorpresa, si sciolse lentamente in un sorriso che mostrò i denti bianchi e dritti. Aveva capito, -...And you my queen- sussurrò, soffiando appena sulle labbra invitanti di Mabel.
    Kingsley spostò gli occhi scuri da quelli di lei, scendendo con lo sguardo verso il basso con l'intenzione di baciarla, ma Mabel gli rifuggì cambiamento improvvisamente umore. King non la trattenne, la lasciò sgusciare via e dargli le spalle, la vide assumere quella posizione quasi timorosa del mondo e si preoccupò: era decisamente atipica di Mabel.
    Kingsley assottigliò lo sguardo, percependo l'arrivo di una cattiva notizia ancora prima che lei la pronunciasse: Mi hanno chiesta in sposa. Trattenne di nuovo il fiato, stringendo i pugni. Era già pronto a rifiutare qualsiasi cosa lei gli avesse proposto, non avrebbe accettato di nuovo il ruolo dell'amante...Non era più un gioco. Kingsley fece un passo indietro, si rilassò solo leggermente quando Mabel rivelò di non aver dato una risposta.
    Io so esattamente che risposta dare, ma voglio comunque che tu me lo dica. Devo dire di sì...o devo dire di no? Dimmi che vuoi ciò che anche io voglio. La osservò stargli così vicino e rise basso, quella tipica risata profonda e di gola, piuttosto divertita, ma soprattutto felice. Poi la risata si dissolse e rimase il sorriso, gli occhi caldi di amore.
    Con le dita andò ad afferrarle gentilmente il viso, solleticando i capelli setosi con le punte e non le diede una risposta...Beh, quanto meno non a parole. Si chinò sul suo viso e finalmente la bacio, stringendola poi contro di sé come se volesse impedirle di sfuggirgli di nuovo, in ogni senso possibile.
    Certo che lo voleva, maledizione, non aveva alcuna scelta in quello. Un uomo come Kinglsey era abituato a fare ciò che voleva, si era guadagnato con il sangue la libertà di poter decidere per se stesso molti anni prima...Ma Mabel, era forse l'unico essere sulla Terra ad avere del controllo su Kingsley.
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    C'era stato un tempo in cui Mabel era stata semplicemente una piccola principessa per lui, prima quando era bambina e poi quando era una ragazzina invaghita di lui. Poi tutto era cambiato. King aveva posato sulla sua testa una corona, facendola sua regina. La sua regina. Lo era stata davvero negli anni trascorsi insieme, almeno King l'aveva sempre trattata come tale, con rispetto e persino con devozione.
    Mabel si era ritrovata a guardare quel sorriso mentre pronunciava quelle parole e perse il controllo del suo cuore, già impazzito non appena aveva visto l'unico uomo in grado di averla fatta sua nella pienezza, nella totalità del termine.
    Fece fatica a sfuggirgli, non perché lui l'avesse trattenuta, no... King probabilmente l'avrebbe fatta lasciar fare qualunque cosa, semplicemente era lei che dopo quel sorriso non riuscì a trovare subito la forza di allontanarsi. Era una delle cose che più amava del suo aspetto.
    Fece persino fatica a parlare. La gola era diventata secca, le labbra avevano iniziato a tremare. Aveva paura, paura che si stesse solo illudendo. D'altronde, almeno secondo lei, se lo meritava sopo quello che aveva fatto, dopo che lo aveva lasciato senza una vera spiegazione, dopo che non aveva avuto la forza e il coraggio di andarlo a trovare in galera.
    Con lentezza però disse ciò che aveva da dire, quasi come se si stesse confessando e in poco tempo si ritrovò ancora vicino a lui, come mossa da una forza invisibile.
    Mabel sapeva che quella forza non erano altro che i suoi stessi sentimenti. E ad essi si unì la speranza che fra loro nulla fosse cambiato. King, in parte, le aveva dato quella conferma con poche e semplici parole, definendola la sua regina.
    Lo guardò negli occhi confusa nel sentire quella risata che, comunque, le provocò una sensazione quasi bruciante al basso ventre. E ancora una volta lui sorrise. Mabel ricambiò quel sorriso con gli occhi lucidi e rimase in attesa di una risposta.
    Non si era aspettata niente di troppo diverso, non da lui almeno, era tipico di Kingsley d'altronde, era sempre stato piuttosto fisico, specialmente con lei.
    Mabel ricambiò quel bacio lasciandosi stringere da lui, lasciando che i loro corpi entrassero in collisione.
    Uno scontro di labbra prima, un incontro di lingue poi. Mabel strinse in maniera delicata i capelli di lui tra le dita, approfondendo quel bacio istante dopo istante. Era trascorso decisamente troppo tempo dal loro ultimo bacio, con quello sembrava che volesse recuperare il tempo perduto.
    Affannò, il seno che si alzava e abbassava strizzato in quel corsetto rosso ne era un chiaro segno, eppure non smise di baciarlo per interminabili minuti, come se non ne avesse mai abbastanza.
    Si fermò un solo istante -Io ti amo- sussurrò sulle sue labbra prima di riprendere a baciarlo, spingendosi sempre più verso di lui desiderando di essere amata in tutto e per tutto. Dal suo cuore e dal suo corpo. Era la prima volta che pronunciava quelle parole e non provò vergogna né paura, sentì piuttosto un senso di liberazione perché quei sentimenti taciuti l'avevano oppressa troppo a lungo.

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    Kingsley Leach - Neutrale - Nessuna Gilda - 45
    Kingsley le strinse i fianchi tra le dita, chinandosi in avanti per incontrare maggiormente le sue labbra e poi la sua lingua. Sentiva la stoffa satinata del vestito sui palmi delle mani, fresca e liscia, il calore di Mabel che si trasferiva da lei a lui con flusso crescente come quando ci si apposta davanti ad un fuoco da campo dopo una gelida e infinita notte: rassicurante. Era così che si sentiva Kingsley in quel momento, come se fosse tornato a casa o svegliatosi tra le braccia di Mabel dopo un incubo.
    Approfondi quel bacio, cingendole le spalle con un braccio e spingendo lei contro di sé premendo sulla base della sua schiena. Avrebbe forse dovuto fermarsi, parlare ancora un po' della loro situazione, ma in realtà Kingsley non era mai stato un tipo particolarmente riflessivo e con quale coraggio chiunque avrebbe potuto pretendere del raziocinio da lui in quel preciso momento? Quella che aveva tra le braccia era Mabel, l'unica donna che avesse mai amato in assoluto, persino più della sua stessa madre che dopo anni aveva al massimo compatito.
    E poi, la conferma che anche Mabel provasse la stessa cosa, gli arrivò forte e chiara alle orecchie...Sussurrata appena sulle proprie labbra come se fosse un segreto. King deglutì e sorrise leggermente. Per quale motivo non se lo fossero mai detti prima, era un mistero anche per lui. Ad un certo punto era sembrato forse talmente ovvio, che era risultato anche inutile esternarlo. Fu tuttavia necessario in quel momento, dopo così tanto tempo lontani.
    -Anche io ti amo- sussurrò e senza esitazione ripresero a baciarsi, King camminò brevemente alla cieca nella direzione dell'uscita del soggiorno, ma dopo poco decise che era meglio sospendere quelle effusioni per continuarle in una stanza più appropriata: la sua. Dunque si staccò da lei e passandole un braccio dietro la schiena e un altro dietro alle ginocchia, la prese in braccio. Rise appena divertito e poi come una sposa la portò fino al piano di sopra.
    La servitù si era come dileguata, probabilmente intuendo che la loro presenza non era più richiesta vista la situazione tra lui e Mabel. Salì quindi le scale ed entrò nella propria camera, la mise con i piedi per terra e iniziò a baciarle il collo, camminando verso al letto con lentezza.
    IF YOU HAVE THE WOMAN YOU LOVE, WHAT MORE DO YOU NEED? WELL, BESIDES AN ALIBI FOR THE TIME OF HER HUSBAND’S MURDER.
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